. Un vulcano. Non l’Etna ma il Cavalier Giuseppe Benanti mentre ripercorre la storia della sua famiglia, della cantina, del vino etneo e del suo rinascimento. Impossibile riassumere l’enorme quantità di spunti ed informazioni ascoltate oggi, sia mentre passeggiavamo in vigna sia dopo, nella sala normalmente dedicata alle degustazioni. Leitmotiv: l’energia e la passione che trasmette nel difendere un’idea di vino siciliano di qualità e di territorio, concetti inscindibili.
. Era la fine degli anni ottanta quando decise di riprendere in mano l’antica tradizione familiare del vino riportando in attività la cantina di Viagrande, sul versante del Vulcano che guarda verso Catania, e vinificando i frutti dei vigneti che da sempre decoravano quella collina: nerello mascalese e carricante. Insomma, molta della “nuova” Sicilia del vino esiste anche grazie al suo lavoro.
. Gli ettari oggi sono circa una quarantina e comprendono diverse zone e diversi versanti etnei fino a Pachino, patria del nero d’avola.
. Il Serra della Contessa 2004 è un nerello mascalese magnifico, luminoso e mediterraneo, profondo ed avvolgente. Un vino pazzesco. In foto la parte del vigneto più vecchia fatta di alberelli di circa cent’anni. Il Pietramarina 2006 è un carricante teso, la sua mineralità vulcanica così distintiva, fatta da note chiarissime di pietra focaia, comincia solo adesso a farsi strada. Un vino lunghissimo e coinvolgente, da aspettare ancora ed ancora. Il Rovittello 2005, sempre da nerello mascalese, è intrigante nel rincorrersi tra sapidità e tannino, finissimo. Un vino di grande eleganza e beva. Wow. E poi Il Drappo 2004, un nero d’avola succoso ed intenso, uno di quelli che escono dal tracciato del tuttofrutto a favore di note anche vegetali e salmastre.
. Insomma: Benanti tappa fondamentale.